Cielo di polvere (Italian Edition) by Tom Cooper

Cielo di polvere (Italian Edition) by Tom Cooper

autore:Tom Cooper [Cooper, Tom]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788851131678
editore: BOOKME
pubblicato: 2015-06-08T22:00:00+00:00


***

Un’oretta o giù di lì dopo lo scroscio avevano rimesso le reti in acqua quando Wes si accorse che la barca stava uscendo di rotta: andavano dritti verso un isolotto di sbarramento all’ingresso della baia. Alzò gli occhi e vide Lindquist ripiegato sul timone, la testa penzoloni da un lato, gli occhi chiusi. Dormiva come un sasso.

«Signor Lindquist» gridò.

Niente.

Wes si mise le mani a coppa intorno alla bocca. «Signor Lindquist!».

L’altro non si mosse.

Ancora trecento metri e avrebbero urtato l’isolotto; prima ancora, la chiglia avrebbe sfregato il fondo del bayou e la Jean Lafitte avrebbe fatto naufragio.

Wes si fece la scaletta a due pioli per volta e raggiunto il casotto scosse Lindquist per una spalla. Lui aprì gli occhi di scatto e si guardò attorno, stordito.

«Stiamo andando a sbattere» gli disse Wes.

Lindquist strabuzzò gli occhi, afferrò il timone e virò bruscamente a dritta. Rimessa la barca in rotta, si schiaffeggiò una guancia e poi guardò il ragazzo, che era rosso come un gambero. «Che c’è?» gli disse.

«Si era addormentato».

«Sì, e allora?».

«Vuole andare a sdraiarsi?».

Lui tacque per un istante. «In che senso?».

«Che qui posso pensarci io».

Lindquist gli rivolse un’occhiataccia. «Stai dicendo che ho fatto casino?».

«Le sto chiedendo se va tutto bene».

«Se va tutto bene».

Wes rimase in silenzio.

«Va tutto bene?» fece Lindquist con una vocina effeminata. «Va tutto bene?» ripeté, beffardo, trafiggendo il ragazzo con lo sguardo. «Me la diceva già troppo mia moglie, ’sta stronzata».

Wes continuò a tacere.

«Va tutto bene? Me lo chiedeva ogni cinque secondi. Con quella faccia. Quella che mi stai facendo tu adesso».

«Allora glielo dico. Lei ne prende parecchie di quelle pillole, signor Lindquist».

«Sì, e allora?».

«Glielo sto dicendo da amico, nient’altro».

«Noi non siamo amici. Sono il tuo capo, io. Tu lavori per me. Così stanno le cose».

Wes incassò, avvampando in volto. «D’accordo» disse. «Ma siamo in rapporti amichevoli».

«Ora come ora, niente affatto».

Wes ridiscese sul ponte e si dedicò alle sciabiche, ripetendosi mille volte in testa la conversazione con Lindquist mentre imprecava sottovoce tra sé. Altre due o tre ore, si disse. Poi questo lo mollo, forse per sempre. Sì, e dopo? Che avrebbe fatto? Sarebbe tornato da suo padre? Come dire dalla padella nella brace.

Poco dopo Lindquist lo chiamò dal finestrino del casotto. Il tono era completamente diverso, gentile addirittura. «Ehi, Wes» fece, come se niente fosse.

Lui alzò lo sguardo.

«Toc-toc» disse Lindquist.

Wes scosse il capo e cacciò un sibilo sprezzante.

«Toc-toc» ripeté l’altro, più forte.

Wes lo liquidò con un gesto e gli voltò le spalle.

«Che cacchio» disse Lindquist. «Se ti va di stare così, arrangiati».

Non si rivolsero più la parola fin dopo aver portato i gamberetti da Monsieur Montegut ed essere tornati al parcheggio del porto. Fermi accanto ai rispettivi furgoni nella prima luce d’arancia del giorno, anziché il solito terzo Lindquist consegnò a Wes la metà dei soldi.

«Si è sbagliato» disse il ragazzo.

Lindquist socchiuse le palpebre contro il sole, in un arricciarsi di rughe attorno agli occhi. «C’è anche la liquidazione» disse.

«Senta, signor Lindquist, se il problema sono le pillole, mi dispiace. Non sono fatti miei».

«Hai ragione. Non sono fatti tuoi».



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